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Un'esplosione di metano e la Terra diventò più moderna.

di Silvia Sorvillo

Recenti studi fanno luce sulle cause che, alla fine del Permiano, rivoluzionarono la morfologia e il clima del nostro pianeta.

8 gennaio 2004

Tanto tempo fa, circa 250 milioni di anni, scomparve dalla Terra il 95% delle specie viventi. Il fenomeno, che determinò una trasformazione radicale del nostro mondo preistorico, portò all'estinzione di quasi il 70% di animali e piante terrestri. Per anni i geologi hanno studiato questa trasformazione cercando di identificarne cause e modalità, ma lo studio è piuttosto complesso, esistono diverse interpretazioni, spesso contraddittorie, di quella che viene definita la più importante rivoluzione geologica. Oggi, poi, gli scienziati sono unanimamente d'accordo su un fatto: questo evento è stato lo scalino storico che ha condotto Gaia, il nostro vecchio pianeta, nella più moderna età del Mesozoico.

l'incertezza del Precambriano

Con la fine del Permiano, così è stato denominato il periodo che va da 280 a 230 milioni di anni fa, si chiude una delle ere terrestri più antiche, il Paleozoico, o era primaria. Tutta la storia precedente, della quale restano pochissime testimonianze, è raccolta nell'intervallo di tempo, lunghissimo, del Precambriano: dalla nascita del nostro pianeta circa 4600 milioni di anni fa (eòne Adeano) alla comparsa delle prime forme di vita primitiva (eòne proterozoico: età collocabile dai 2500 ai 570 milioni di anni fa).
Tornando alla chiusura del Paleozoico, cioè quindi alla fine del Permiano, il pianeta Terra comincia a subire una serie di importanti processi che lo porteranno ad assumere un aspetto più vicino a quello che attualmente possiede. Gaia, a quei tempi, era completamente diversa, superficie e atmosfera avevano caratteristiche molto differenti da quelle odierne e i territori emersi mostravano una distribuzione davvero inusuale per noi.

la pangea alla fine del permianola pangea alla fine del permiano

Tutti i continenti erano uniti a formare il Pangea, una specie di mega isolotto che racchiudeva vicino Antartide, Africa, America e Cina del Nord. Le diverse regioni erano distribuite quasi ad incorniciare un grande mare interno chiamato Tetide e una serie di golfi salati contigui al Panthalassa, il papà degli oceani attuali. Anche il paesaggio doveva essere irriconoscibile, a quei tempi le catene montuose odierne ancora non si erano sollevate e la loro silhouette si definirà solo alla fine del Permiano con la protrusione degli Urali e dei monti Appalachiani.

il patrimonio vegetale si modifica

Un cambiamento così pesante si accompagnerà allora anche ad un'inevitabile modificazione del patrimonio vegetale. La riserva verde, costituita da felci ed equiseti, sarà soppiantata in questo primo scorcio del Triassico, da conifere primitive. Così mentre il Permiano tramonta, le vecchie foreste carbonifere lasciano il passo alle specie fotosintetiche più evolute che diventano, in un breve arco di tempo, ottimo terreno di caccia e rifugio sicuro per i primi coleotteri e per le libellule, specie volanti emergenti.

l'avvento dei rettili

Intanto sulla terraferma cominciano a diffondere i rettili. La differenziazione morfologica e il loro alto grado di specializzazione li porta ad adattarsi velocemente e bene alla vita terrestre. Presto saranno proprio loro a sgominare per numero e diffusione gli anfibi, la classe di vertebrati terricoli fino allora incontrastata. Il Cynognathus, una forma di Teriodonte particolarmente evoluto per quei tempi, è uno degli esemplari più diffusi di questo periodo. Con una testa più voluminosa, e meno appiattita, rispetto ai suoi contemporanei, e con le zampe disposte ventralmente, ha assunto la morfologia migliore per una vita terrestre più attiva e dinamica. Con queste due nuove e importanti caratteristiche sarà lui a diventare il progenitore dei più moderni mammiferi.

La successione di cambiamenti non finisce qui, l'evoluzione lavora lenta e per piccoli passi, queste poche trasformazioni confermano l'importanza della grande rivoluzione geologica e zoologica che contraddistinse questa fase della nostra storia.

una forte esplosione di metano alla base dell'estinzione permiana

Tra gli studi che cercano di far luce sull'argomento, quello di Gregory Ryskin, un geologo dell'università di Evanston, in Illinois, ha introdotto recentemente una nuova e affascinante teoria. Secondo le sue ultime ricerche, la drammatica estinzione di fine Permiano potrebbe essere stata provocata da una forte esplosione di metano. Il gas, accumulato per anni e anni nelle profondità marine, potrebbe essere venuto prepotentemente a galla a causa del brusco movimento di qualche animale di grosse dimensioni o per impatto di un piccolo meteorite. Sempre secondo i suoi dati, pubblicati sul numero 31 di Geology, il metano non agì solo in quella occasione.

Lo stesso CH4, è questa la formula chimica di questo gas, spumeggiando con esplosioni di identico tipo, potrebbe aver dato luogo ad altri importanti fenomeni geologici. Il diluvio universale, cioè il nubifragio planetario più famoso, avvenuto 7000-8000 anni fa in prossimità del mar Nero, potrebbe essere stato provocato da un evento del tutto simile anche se di intensità molto minore. Secondo Ryskin l'esplosione di fine Permiano è stata sicuramente la più forte di questo genere. In quell'occasione la forza dell'esplosione avrebbe raggiunto un'intensità circa 10000 volte superiore alla potenza che potrebbe essere sprigionata dall'attuale arsenale nucleare mondiale.

Il fenomeno iniziale si sarebbe rinvigorito per opera della stessa pressione che le bolle di metano spumeggiando in superficie andavano assumendo irreversibilmente. Il loro stesso riaffiorare avrebbe provocato successivamente l'immissione in atmosfera di grandi quantità di anidride carbonica, elemento riscontrato e ben evidenziato grazie ai reperti fossili di quel tempo. Paul Wignall, altro insigne esperto di settore, ha confermato dall'università di Leeds, nel Regno Unito, che eruzioni di gas metano intrappolato nei laghi e negli oceani sono eventi insoliti ma ben conosciuti. Secondo il professor Leeds "quella di Ryskin è un'idea senza dubbio stramba ma non così tanto da non poter essere presa sul serio". A Evanston, in questi giorni, Ryskin continua a studiare il fenomeno e invita tutti i geologi a cercare le possibili aree oceaniche dove altro metano, lento e silenzioso come sempre, potrebbe essersi accumulato in attesa di spumeggiare fuori.






Scienzità è stato realizzato da Silvia Sorvillo e Vittorio Sossi