Storia amara e di atmosfera addolcita da un lieto fine improbabile.
          Darkwood vive un raro periodo di calma, nel rigido inverno, fra 
          tormente di neve. Quasi che l'amata foresta zagoriana non possa vivere 
          in pace accetta di ospitare due uomini legati da un odio profondo: Lupo 
          Solitario, indiano apolita e Steve Warren, un farabutto di 
          frontiera.
          Zagor diventa l'ago della bilancia fra i due combattenti, incontrando 
          e scontrandosi ora con l'uno e ora l'altro.
          Nell'ultimo scontro Warren resta gravemente ferito e si salva 
          solo grazie a Zagor che recluta forzatamente il dottor Potter, 
          per poi precipitarsi a soccorrere Lupo Solitario anch'esso ferito, 
          che ha trovato ricovero in una baracca al limitare della foresta.
          Lupo Solitario svela la sua vita e l'origine del suo duello con 
          Warren.
          Dopo aver visto morire tutti i suoi amici, ribelli come lui, aveva riparato 
          con la moglie Aika e il figlio Nakomi, in una radura dove 
          scorreva un ruscello. Da quel ruscello, mai fosse successo, aveva raccolto 
          alcune pepite e ne aveva fatto una collana per Aika.
          Warren e i suoi compari volevano a tutti i costi mettere le mani 
          sull'oro.
          In realtà il ruscello aveva già restituito tutto quello 
          che possedeva.
          Dopo un tragico conflitto a fuoco i due contendenti restavano da soli 
          con il loro odio ad inseguirsi in una girandola infinita.
          Il Cerchio della Vita per Lupo Solitario non aveva più 
          né un centro né un punto di riferimento, derubato di tutti 
          i suoi affetti gli restava solo la diffidenza verso tutti i suoi simili 
          proprio come l'animale del cui nome si era appropriato.
          Quanto a Warren aveva sempre vissuto nell'odio e nell'avidità, 
          accecato dall'oro come tutti i bianchi, - perfino l'innocuo dottor Potter 
          si fa tentare-, ed è difficile dire quale delle due pulsioni 
          lo spingesse a dedicare la vita ad inseguire il suo nemico.
          Un finale all'acqua di rose snatura un po' la storia in cui si intravede 
          il pessimismo e il nichilismo dello Sclavi dylandoghiano autore 
          di autentici capolavori, se ispirato, alternati a scipite storielle 
          horror, indegne del suo talento.
          Vittorio Sossi